Data pubblicazione: 30-mar-2021

Ha ancora senso essere antifascisti? Forse, come molti pensano, no: il fascismo è passato e bisogna guardare avanti. Ma è proprio così? Iniziamo il cammino in direzione 25 aprile con L’antifascismo non serve più a niente (Laterza, 2020), titolo ironico e acuto dello storico Carlo Greppi.

Ha ancora senso essere antifascisti? Forse, come molti pensano e i più non dicono, no: il fascismo è passato e bisogna guardare avanti, smetterla di rimanere attaccati a queste vecchie categorie. Ma è proprio così?

Iniziamo da un fatto. In moltissimi comuni della Penisola, Mussolini ha ancora la cittadinanza onoraria. Arrivano richieste, da parte di gruppi politici e associazioni affinché si intervenga e, sempre più spesso, si ottengono risposte negative, o peggio ancora nessuna risposta. Le istanze di revoca vengono respinte in quanto anacronistiche, o qualcosa del genere. Per contro, ci sono altre proposte che vengono diniegate, per esempio la concessione della cittadinanza onoraria alla senatrice Liliana Segre. Non serve qui fare la lista di chi ha concesso o rifiutato le istanze, per vedere le quali basta una rapida ricerca sul web. Il punto è un altro. Perché reagire in questi modi? Cosa c’è di male nel revocare la cittadinanza a un dittatore criminale o nel concederla a una testimone alacre degli orrori di quel tempo?

Evidentemente è ancora necessario interrogarsi sulle reminiscenze del fascismo e sulle ritrosie nel fare i conti con il passato.

Così iniziamo il nostro cammino verso il 25 aprile con un testo dal titolo provocatorio: L’antifascismo non serve più a niente, dello storico Carlo Greppi, edito da Laterza (2020) per la collana “Fact Checking: la Storia alla prova dei fatti”, diretta dallo stesso autore.

In sei passaggi, il libro ripercorre la storia dell’antifascismo, ottenendo un racconto ordinato della complessa e lunga vicenda della Resistenza.

Lo storico prende le mosse dal sacrificio di coloro che fin da subito hanno cercato di ostacolare l’ascesa del regime, da Giacomo Matteotti al quindicenne Anteo Zamboni, e che per questo hanno incontrato la morte per mano squadrista. Passa quindi agli intellettuali costretti a fuggire dal Paese, a tutti coloro che hanno conosciuto il confino o il carcere (Pertini, Gramsci, Saragat). Ma non si ferma, Greppi, alle vicende più note. Nella sua ricostruzione della lunga parabola antifascista italiana, sottolinea l’importanza, soprattutto a partire dai primi anni Quaranta, dei lavoratori. Dagli operai della FIAT di Torino, che con i loro scioperi del 1943 hanno preso le distanze dal fascismo davanti al mondo, ai contadini esasperati che, pur non imbracciando le armi, tanto hanno contribuito a proteggere i soldati abbandonati dal regime e da Badoglio, molti dei quali poi saliti in montagna, o i giovani che rifiutavano il reclutamento nelle fila della Repubblica di Salò (dove ancora oggi il dittatore è cittadino). E le donne della Resistenza, spesso relegate al ruolo di semplici staffette partigiane, quasi ignorando coloro le quali hanno contribuito con l’impegno intellettuale, basti pensare a «Camilla Ravera, che era un’insegnante, una volta confinata in Lucania si mise a fare lezione: - Dicevo della nostra lotta, dei suoi motivi e dei suoi obiettivi; e insieme discutevamo dei problemi di quei paesi e di quella gente… - ».

Questi e altri aspetti dell’antifascismo vengono trattati da Greppi, come la questione della lotta armata (su cui ci soffermeremo in un’altra puntata di Direzione 25) e la difficoltà di mettere insieme le numerose correnti della Resistenza, specie in un’Italia la cui società, in un ventennio, era stata impregnata dalla strabordante retorica fascista, in un testo che si rivolge a tutti, ma non trascura l’accuratezza storica.

«Il fascismo storico fu questo:» dice Greppi «un regime criminale che perseguitava sistematicamente i suoi cittadini…»

Oggi, come sosteneva Umberto Eco (1) «si può giocare al fascismo in molti modi, e il nome del gioco non cambia.» Pensiamo all’articolo 10 della nostra Costituzione: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.» Lo cita Greppi, ricordandoci che a scriverlo sono stati coloro che, durante la dittatura, erano stati costretti a rifugiarsi all’estero. Vi ricorda qualcosa?

Certo non ci sarà, oggi, un fascismo identico a quello storico, non sarebbe possibile. La sfida dell’antifascismo dei nostri giorni, sostiene Greppi, sta nel saperne individuare i nuovi modi e i nuovi linguaggi.

1 Eco, U., Il fascismo eterno, La Nave di Teseo, Milano 2018 (tratto da una conferenza tenutasi nel 1995)

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